Pierpaolo si presenta...

E’ nato a Mesagne (Br) il 5 luglio 1972, è sposato dal 2001 con Giusy e completano la famiglia due figlie , Elisabetta e Sofia.

Dopo le Scuole dell’obbligo si dedica a quella che era l’attività paterna ; l’Agente di Viaggi. Nel 1989 consegue l’abilitazione presso il Compartimento di Bari delle Ferrovie dello Stato e inizia a collaborare come impiegato d’ordine nell’Agenzia Viaggiatori FS di Mesagne.

Nel tempo libero è impegnato nel volontariato sociale e nella Parrocchia.

Nel 1990 svolge come Obiettore di Coscienza il Servizio civile presso la Caritas Diocesana di Oria e collabora nel 1991 a gestire l’emergenza Albanesi, a livello Diocesano sotto la guida dell’allora Presidente Nazionale della Caritas e Vescovo di Oria Mons. Armando Franco e a livello Regionale con il Collegamento Regionale Caritas.

Dal 1991 al 1993 frequenta come Uditore l’Istituto Superiore di Scienze Religiose di Oria, sede periferica dell’Università Pontificia della Santa Croce di Roma.

Con la fine del Servizio civile non si ferma al sua voglia di impegnarsi nel sociale. Nella comunità parrocchiale continua con l’animazione dei gruppi giovanili e milita per qualche anno nell’Azione Cattolica Giovani sia a livello parrocchiale che Diocesano.

Nel febbraio del 1993 prende la titolarità dell’Agenzia Viaggi di Latiano. L’impegno e la passione per le giovani generazioni fanno si che nel 1997 fonda l’Associazione Mediterranea che opera nel settore sportivo fino al 2000 per poi aprirsi agli altri settori.

Dal 2002 al giugno del 2006 guida come Priore l’Arciconfraternita del SS. Rosario in Latiano;

Presiede, inoltre, il Comitato Festeggiamenti in onore della Patrona della Città di Latiano "S. Margherita" nel triennio 2006 /2008.

Nel giugno 2008 prende la qualifica di Agente di Commercio presso la CCIAA di Brindisi.

Dal Giugno 2008 a Settembre 2015 lavora come socio lavoratore nella Cooperativa sociale "Il Melograno" di Ceglie M. (Br) che si occupa di due settori in particolare: l’infanzia e l’immigrazione.

Collabora negli anni 2001/2009 con la Curia Diocesana di Oria presso l’Ufficio problemi sociali e lavoro – Centro Servizi del Progetto Policoro e Ufficio Migrantes .

dal 2008 a Maggio 2010 fa esperienza Sindacale nella CISL Funzione Pubblica.

Dal 2009 al 2015 aderisce al M.L.A.C. Movimento Lavoratori di Azione Cattolica. Entra a far parte del Consiglio Diocesano di Ac di Oria per la promozione e la nascita del Movimento in Diocesi.

Nel 2010 costituisce l'Associazione di Volontariato "Karibuni", che si occupa di Cultura, arte, turismo, politiche sociali e diritti civili. Dal 2018, Karibuni diviene Delegazione locale dell' Ente Nazionale Attività Culturali.

Dal 2013 al 2015 è Responsabile della Delegazione di Latiano del CSV POIESIS (che rappresenta le associazioni di volontariato del territorio).

Da Aprile 2016 a Maggio 2018 ha ricoperto l'incarico di Presidente della Consulta per i Servizi Sociali e Pari Opportunità del Comune di Latiano.

Da Aprile 2017 collabora con l'azienda "Theotokos" articoli religiosi di Latiano.

Dal 2019 segue un percorso di studi in comunicazione e in social media marketing.

Dal 2020 è Delegato Provinciale di Brindisi dell’ Ente Nazionale Attività Culturali e Presidente dell’Associazione di Promozione Sociale ETS “Gruppo Storico Città di Latiano.

(per contatti : ppdibello@gmail.com)

giovedì 22 dicembre 2011

A U G U R I




Che il Natale del piccolo "immigrato Gesù" vi faccia respirare per il nuovo anno che viene una ventata di ACCOGLIENZA e INTEGRAZIONE!


auguri

Pierpaolo

Il nuovo esodo planetario: immigrati e accoglienza cristiana

Dall’Egitto a Gerusalemme - Gesù torna dall’Egitto (Mt 2,19-21)
Il nuovo esodo planetario: immigrati e accoglienza cristiana


“ Eppure c’è chi tiene la statistica degli ‘stranieri’
e ne ha paura: paura di una pazienza
che si può anche stancare, paura di un silenzio
che potrebbe anche diventare urlo,
paura di un lamento che potrebbe diventare canto,
paura dei loro “stracci” che potrebbero farsi bandiera,
paura dei loro arnesi che potrebbero farsi barricata.
Ci vuol così poco a dare speranza e fiducia.
Invece, c’è troppa paura.
Ma la paura non ha mai suggerito la strada giusta “.

Il vicino della porta accanto


PROVOCATI DALLA PAROLA : lettura di Mt 2,19-21

Il testo proposto oggi è ricco in dettagli. Come sempre la Parola di Dio illumina il nostro cammino e ci aiuta a leggere la nostra vita, la realtà e la storia in cui siamo inseriti. Il Ritorno dall’ Egitto e dimora a Nazaret, è preceduto dal testo che descrive la Fuga in Egitto e strage degli innocenti. Vediamo insieme i protagonisti e alcuni dettagli.

· · C’è un ritorno perché c’è stata una fuga
· · Erode : è lui che da ordine di uccidere gli innocenti; lui il geloso, l’avaro, il tiranno, lo stupido, il pauroso... per collera legittima la strage. Opposto a tale figura, Dio aveva chiesto ad Abramo di sacrificare il suo figlio amatissimo. Abramo si fida di Dio ed era disponibile a sacrificare il bene a cui teneva di più... per fiducia e amore a Dio. Erode uccide gli innocenti per non avere pretendenti al trono, al potere.
· · Ad Erode succederà il figlio Archelao...
· · Appare un angelo: il primo sogno. La manifestazione di Dio: “Alzati...”
· · Giuseppe : “ prese con se il bimbo e sua madre ” (non dice ... “e sua moglie”)
· · Egitto : è la terra della schiavitù (cfr Esodo); Dio libererà il suo popolo da una situazione di schiavitù (non libertà) verso un terra promessa libera dove “scorrerà latte e miele” ossia una terra vivibile. Interviene in questa missione Mosè. Sembra che l’evangelista ci inviti a rivivere il Nuovo Esodo, con un nuovo Mosè : Gesù fuggiasco dalla ‘prima terra promessa’. Inizia qualcosa di nuovo...
· · Un secondo sogno... fa superare la paura di ritornare (Archelao aveva sostituito il padre Erode)
· · “ Si ritirò nelle regioni della Galilea (...) e andò ad abitare in una città chiamata Nazaret “ : Galilea e la regione più povera della Palestina; Nazaret un paese insignificante...

AIUTATI A RIFLETTERE

Il RITORNO è causato da una USCITA/ANDATA : si tratta di una fuga dovuta ad una strage di innocenti. La paura fa scappare... è una realtà che mette in pericolo la vita (non sono ‘menate di crescita’, è l’impossibilità a vivere). Tutt’oggi continua questa logica di morte, di “notte” che assale e non ci aiuta a crescere e a far crescere il Regno di Dio.

La REALTÀ’ di “chi fugge” :

Oggi sono molti coloro che fuggono da stragi, dai nuovi ‘Egitti’ creati e imposti. Vediamo insieme i perché dell’immigrazione.
Rispondere a questa domanda è uno degli esercizi più difficili a cui ci si possa applicare affrontando questo tema. Anche se potrebbe sembrare tra i più facili. In estrema sintesi si potrebbero riassumere in una sola parola: fame. Volendo si può anche articolare meglio.

@ Pensiamo solo al problema del debito estero dei paesi in via di sviluppo, la “deuda externa” (= debito estero) che secondo il premio nobel Pèrez Esquivel sta diventando “deuda esterna” (=debito eterno): oltre 1.300 miliardi di dollari e in continua crescita. una cifra impronunziabile che tradotta in lire ha bisogno di 15 zeri, e dagli effetti devastanti: ci sono paesi in cui ogni bambino che nasce è già indebitato di alcune migliaia di dollari, e passerà la sua vita a pagare gli interessi su quel debito, che lui non ha contratto.
@ Pensiamo alla corsa agli armamenti: oltre 25.000$ (trenta e passa milioni di lire) di risorse bruciate ogni secondo. Oltre il 90% delle esportazioni di armi si dirige verso il Sud del Mondo.
@ Pensiamo alla fame in senso stretto: 800 milioni di persone sottonutrite, 15 milioni di soli bambini che muoiono ogni anno (40.000 al giorno). I morti di fame equivalgono a una Hiroshima ogni tre giorni.

Non è il caso di prolungarsi molto.

Un esame storico, per esempio della nostra emigrazione, potrebbe darci risposte interessanti: perché partivano i nostri emigranti? Chiedete a un immigrato senegalese o filippino perché è venuto: i motivi economici risulteranno prevalenti. Sembra facile, allora descrivere le ragioni più frequenti di richiesta: lavoro soprattutto, seguito da studi, ricongiungimento familiare, asilo politico, in numero diverso turismo e salute. Ci sono importanti fattori psicologici, di promozione individuale e sociale, desiderio legittimo di miglioramento, rifiuto di ingiustizia individuale o collettiva, ma anche voglia di libertà, fuga da una realtà che non piace. C’è la fuga da cataclismi naturali, carestie, epidemie, da guerre in cui non si è parte in causa ma vittime innocenti. A queste motivazioni si possono aggiungere i casi che non sono direttamente legati a motivi economici, quali la persecuzione politica, religiosa, sociale e razziale.

Per una società ospitale e multirazziale

La spinta dal Sud, povero e sofferente, è inarrestabile. Si tratta di scegliere come viverla, se come una chance o come un fatto da subire. Il fenomeno riguarda tutto l’emisfero settentrionale ed è una realtà del nostro paese. L’Italia, nel cuore del Mediterraneo, subisce la spinta anche dal non lontano Sud arabo ed islamico. Poi la presenza di immigrati dalle “ex-colonie italiane”... è un debito storico peculiare, che non è possibile recidere in nome di una fase politica nuova. Proprio alla luce della quasi centenaria storia di dolorosa emigrazione, la coscienza civile italiana può leggere con simpatia, partecipazione e rispetto la vicenda di nuovi emigrati. La memoria dell’emigrante, del suo sogno e del suo dolore, è ancora scritta nell’intimo di generazioni di italiani. Questa memoria rappresenta un valore morale e civile. In ambienti europei nazionalistici si reclama la chiusura delle frontiere. Ma la presenza di ‘stranieri’ è un’occasione per costruire una nuova società. la chance non è chiudere in tempo, ma saper trasmettere quel patrimonio di sensibilità civile e democratica che è alla base della nostra convivenza. Bisogna forse cominciare ad interrogarsi su cosa significa realizzare una società pluralista e multirazziale capace di futuro accogliente e felice per tutti.

SOLLECITATI a CRESCERE e ad AGIRE :
una nuova mentalità


Educarci all’altro


La relazione con l’altro, cioé la “prossimità” è il punto di partenza per la definizione di noi stessi. Il “volto” dell’altro che ci è davanti, faccia a faccia, è per noi un appello: non c’è modo di ‘sequestrare’ la differenza dell’altro per assimilarlo, ingabbiarlo, rendendolo identico a noi. Viviamo sempre nella tentazione di voler ridurre l’altro a partire di noi stessi. L’altro viene prima di noi. E’ questa la scoperta che ciascuno può fare anche nell’atto più automatico e abitudinario, come quando innanzi ad una porta ci fermiamo e diciamo: “prego, dopo di lei”. Questo “dopo”, non è pura cortesia formale: nasconde il venire “dopo” l’altro. Il volto dell’altro, in quanto epifania della sua differenza da me, scompagina le certezze acquisite, mette in discussione la tranquillità dell’ IO, esso s’impone a me come novità di una presenza nuova e diversa. L’altro, per quanto sia “prossimo”, conserverà sempre la sua assoluta differenza, la sua irriducibile alterità. L’altro sarà sempre, contemporaneamente, il “prossimo” (e m’appella) e lo “straniero” (il mistero da svelare). Il prossimo mi riguarda non perché è come me o perché appartiene al mio stesso genere, ma perché il suo volto, nella sua nudità mi impedisce di restare chiuso in me stesso, di essere indifferente. Il suo volto “parla”, è una presenza che si offre, viene incontro. Nella sua nudità ogni volto è epifania di Dio! All’origine c’è dunque la differenza: l’altro non è un nemico da abbattere, ma una ricchezza da incontrare.

EDUCARCI all’ACCOGLIENZA

Educarci all’accoglienza è essere convinti che siamo tutti una famiglia: crescere nell’accorgerci dell’altro, ascoltare l’altro e aiutare l’altro (che sconfina in persone concrete: ‘i diversi’ handicappati, malati di mente, anziani non sufficienti, malati di AIDS, tossicodipendenti, ecc.). C’è una radicale difficoltà ad accettare ciò che ci scomoda, che costa sacrificio, che costringe ad uscire dal proprio guscio e abbandonare tranquillità e benessere. L’attitudine con la quale dobbiamo crescere è quella di liberare l’ EMPATIA per diventare capaci di accoglienza e di condivisione.
L’EMPATIA proviene dall’ascolto vero e profondo dell’altro, dal prestare attenzione alle sue parole, alla sua persona, per riflettere quanto dice e permettere di scoprire il significato dell’esperienza vissuta. Empatia significa entrare nel mondo personale dell’altro e sentrisi a casa. Ciò implica l’essere sensibili e disposti a vivere la vita dell’altro muovendosi senza giudicare. Essere con l’altro in questo modo significa per un momento lasciare da parte le vedute personali per entrare nel mondo dell’altro senza pregiudizi.
In questo senso l’empatia è già un’esperienza di accoglienza profonda di una persona. Questo modo di vivere le relazioni ci permette di :
- sperimentare l’umanità
- crescere nella stima reciproca (sono considerato da qualcuno... ho ricchezze)
- scegliere di voler veramente amare chi ci circonda
- condividere ciò che siamo e ciò che abbiamo.

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Per la RIFLESSIONE PERSONALE :

1) Quali sono le mie fughe preferite? Da che cosa scappo (= Qual è il mio Egitto) ?
2) Nell’incontro con l’altro cosa mi fa più paura ? Cosa penso a riguardo dell’immigrazione?
3) Ti senti capace di ASCOLTARE e di ACCOGLIERE ?

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Gli auguri della CEMI (Commissione Episcopale Migrazioni) e della Migrantes


Gli auguri della CEMI (Commissione Episcopale Migrazioni) e della Migrantes








(21 dicembre 2011) - Il Natale che si avvicina ci spinge a ricordare particolarmente alcune categorie di persone in mobilità. I nostri emigranti all’estero, che sono ancora oltre 4 milioni, cittadini lontani dalle loro case, dalle loro chiese, dalla loro Patria: soprattutto i giovani, nuovi emigranti alla ricerca di un lavoro che in Italia manca o di arricchire il proprio percorso di studio e formazione, scegliendo nuovi Paesi (Cina, Russia, Romania, Spagna…) oltre i tradizionali (Germania, Svizzera, Francia, Inghilterra, Stati Uniti…). La gente dello spettacolo viaggiante, che sempre più con fatica trova spazi e piazze, comunità attente a questa tradizione artistica e culturale del nostro Paese. I 5 milioni di immigrati presenti in Italia, soprattutto chi – come molti italiani giovani e meno giovani – nella crisi ha perso il lavoro già precario, e per questo ha perso o rischia di perdere, oltre al titolo di soggiorno l’unica fonte di sussistenza per sé e la propria famiglia in Italia o nel Paese d’origine. I richiedenti asilo e rifugiati giunti soprattutto nel nostro Paese dopo la “primavera del Nord Africa”, che attendono il riconoscimento dei loro diritti e di poter avviare un percorso che dalla protezione li renda protagonisti della propria integrazione. Il mondo dei marittimi e aeroportuali, soprattutto chi vive questo tempo di Natale in viaggio, lontano dalle proprie case e famiglie.
Gli auguri di un Sereno Natale e felice Anno Nuovo a tutti voi.

domenica 15 maggio 2011

MESSAGGIO DELL’ AC ALLA CHIESA E AL PAESE


...Condivido e pubblico il MESSAGGIO DELL’ AC ALLA CHIESA E AL PAESE ...







L’Azione Cattolica Italiana, riunita nella sua massima sede istituzionale, con i delegati responsabili delle associazioni diocesane e delle regioni italiane, alla presenza dei principali esponenti delle organizzazioni mondiali in cui è presente l’associazione, vuole esprimere la gioia intensa di queste giornate, condividendo con la Chiesa e con il Paese i propositi e le esperienze che connotano ordinariamente il vissuto dell’Ac. Si tratta di intenti che, tradizionalmente, l’Assemblea nazionale, dopo un’ampia condivisione e un prolungato dibattito, propone, in forma estesa, in un Documento assembleare, i cui impegni ogni associazione locale è chiamata a realizzare concretamente in tre anni, declinandoli in base alle esigenze dei diversi territori che caratterizzano il nostro Paese come uno stupendo mosaico.
In continuità con le celebrazioni per i 150 anni dell’unità d’Italia, l’Azione Cattolica Italiana intende testimoniare oggi, con entusiasmo, l’intenso esercizio di unità morale e materiale di persone e territori del nostro amato Paese. Lo condivide con un messaggio che si leva a conclusione dell’Assemblea nazionale, in cui l’Ac ha voluto esprimere, nella scelta dei responsabili e delle idee che la accompagneranno nei prossimi tre anni, i valori della democrazia e della partecipazione. Questi si realizzano pienamente se sono vissuti nella logica del servizio, perché crediamo che il servizio sia la chiave della gioia.
L’Ac desidera condividere la forza di comunione e di coesione nazionale che si realizza quando le persone, abbandonando pregiudizi ideologici, vivono relazioni sincere, autentiche, serene. È a relazioni di qualità che l’Azione cattolica anela, per il bene di ogni uomo e del corpo sociale in cui egli è inserito. E tutta la vita associativa, nel livello parrocchiale, diocesano, regionale e nazionale, è concepita come un dono d’amicizia che abilita all’impegno gratuito per gli altri. I ragazzi, i giovani e gli adulti, quando trovano corrispondenza al loro desiderio di relazioni vere, aderiscono volentieri a progetti grandi e seri. Quello dell’Azione cattolica è appassionare, con rispetto e senso della laicità, alla vita buona del Vangelo, attraverso la proposta di cammini ordinari che uniscono fede e vita in un’unica cornice di senso. Il Santo Padre, al quale va la nostra gratitudine e l’adesione al suo magistero, nel messaggio inviato ai delegati alla XIV Assemblea nazionale ha riconosciuto la ricchezza della vita associativa dell’Azione cattolica: “Siete ragazzi, giovani e adulti che si mettono a disposizione del Signore nella Chiesa con un impegno solenne, pubblico, in comunione con i Pastori, per dare buona testimonianza in ogni ambito della vita. La vostra presenza è capillare nelle parrocchie, nelle famiglie, nei quartieri, negli ambienti sociali: una presenza che vivete nella quotidianità e nell’aspirazione alla santità”.
Forti di questo incoraggiamento, desideriamo offrire luoghi in cui rigenerare la propria fede in Gesù crocifisso e risorto, in cui condividere le proprie domande più profonde e le preoccupazioni del quotidiano, in cui discernere in profondità con criteri evangelici sulla propria esistenza ed esperienza, al fine di orientare al bene e al bello le proprie scelte individuali e sociali. È stato, è e sarà questo l’impegno educativo dell’Azione cattolica italiana: aiutare tutte le generazioni a coltivare la propria vita, sostenere il dialogo – sempre più a rischio nelle pieghe dell’incomunicabilità ¬- tra ragazzi, giovani e adulti; accompagnare ciascuno, anche tra i grandi, affinché non si smarrisca nella routine dei problemi, delle fatiche e delle ferite.
Tale impegno si snoda nella Chiesa locale e nella parrocchia, e si traduce nella scelta fondante della popolarità. Per l’Azione Cattolica Italiana popolarità significa l’impegno dei soci a farsi prossimi di tutti, di ogni generazione e condizione, da amare e curare senza separazioni, perché la comunità cresca come popolo di Dio; si esprime nel condividere con tutti la possibilità di vivere la speranza, che nasce da un cammino fondato sulla Parola, nutrito da contemplazione e preghiera costante, e che parte dalla situazione in cui si trova ogni persona; si rivela concretamente nella consapevolezza che la gente dell’Azione Cattolica è contemporaneamente gente di Chiesa e gente di strada, per un dono che non dipende dalle singole persone ma dal rispondere ad una storia che ha ormai più di 140 anni.
L’Azione Cattolica Italiana, come associazione di laici, si sente impegnata nell’indicare alla società e alle persone le insidie di una cultura che tende sempre più a relativizzare i valori su cui si deve fondare la convivenza civile. Allo stesso modo, i laici di Ac vogliono esprimere con la testimonianza della propria vita la bellezza del Vangelo, senza cadere in forme di integralismo che negano il valore della differenza e del dialogo.
Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, indirizzando i propri saluti all’Assemblea, ha voluto sottolineare come “nell'evolversi della sua identità associativa, l'Azione cattolica è divenuta una importante componente del tessuto sociale del Paese. Grazie anche alla guida illuminata di responsabili illustri - e il pensiero non può non andare alla memoria di Vittorio Bachelet - essa ha saputo rinnovarsi seguendo non soltanto gli indirizzi scaturiti dal Concilio Vaticano II, ma anche i fermenti politici, sociali e culturali che hanno scandito la nostra storia recente”. Per questo motivo, in conclusione della propria Assemblea nazionale, l’Azione Cattolica Italiana ribadisce infine alcune scelte che propone, come contributo al dialogo, a tutti gli uomini e le donne di buona volontà, alle parti politiche, ai corpi intermedi, alla società civile, alle altre associazioni laiche e cattoliche:
- il rispetto assoluto della vita e di ogni vita, rispetto che si incarna in un continuum che va dal concepimento alla morte, e che deve anche attraversare tutti i passaggi esistenziali che ne minano la dignità (mancanza di lavoro, carenza di servizi socio-assistenziali e sanitari, carenza delle reti di solidarietà, solitudine dei nuclei familiari, esclusione ed emarginazione sociale, negazione del diritto all’istruzione…);
- il riconoscimento e la promozione della famiglia come cellula fondamentale della società, chiave del futuro, snodo per la sfida educativa;
- la sobrietà delle scelte quotidiane, ovvero il coraggio di emanciparsi interiormente dalle morse del consumismo sfrenato, senza cadere in radicalismi;
- la solidarietà e la scelta preferenziale per i poveri, gli stranieri e le famiglie in difficoltà economica a causa della mancanza o della precarietà del lavoro, o a causa del degrado socio-culturale cui sono relegati;
- il senso del dovere professionale e il valore dello studio come ambiti privilegiati della testimonianza credente dei laici associati;
- la tensione verso il futuro delle nuove generazioni come investimento gratuito e appassionato, convinti che i giovani italiani siano una risorsa e non un problema per il Paese;
- la coerenza tra sfera privata e sfera pubblica non come semplice proclama moralistico, ma piuttosto con la convinzione che vite interiormente libere e autentiche alimentino un diverso senso del bene comune e del servizio agli altri;
- l’attenzione alla vita amministrativa e politica delle città e del Paese come caratteristica del laico credente che non vive chiuso nelle “sacrestie”, ma che sulla scia dei “santi sociali” si immerge nel mondo senza però contaminare il cuore;
- l’essere scuola di cattolicità attiva attraverso la promozione di una passione per il mondo intero con l’educazione alla dimensione internazionale, che rende l’associazione sempre più missionaria e solidale, in una rete di dialoghi e di scambi che arricchiscono reciprocamente.

Con l’aiuto di Dio e di Maria Santissima, Regina dell’Azione Cattolica, sull’esempio dei santi, beati e venerabili dell’Azione cattolica italiana (con affetto il Santo Padre ha ricordato Pier Giorgio Frassati, Alberto Marvelli, Giuseppe Toniolo, Antonietta Meo, Pierina Morosini e Armida Barelli) desideriamo rendere visibile con la nostra vita che vivere la fede significa amare la vita!

mercoledì 11 maggio 2011

l'intervista su "Avvenire" - 11.5.2011




«Per gli immigrati l’avvocato è gratis»

Per lui accoglienza e integrazione sono pane quotidiano. Pierpaolo Di Bello, 38 anni, fa parte di «Karibuni», un’associazione nata, con il sostegno del Progetto Policoro, nella diocesi di Oria. «Da settembre – spiega Pierpaolo – abbia­mo aperto alcuni 'social point' per l’assistenza sociale e legale di immigrati e disagiati». Poi ag­giunge: «La mia vocazione al bene comune si è declinata in un lavoro che mi consente di aiuta­re gli altri e mantenere la mia famiglia». Pierpaolo è impegna­to – insieme con altre due cooperative – anche sul fronte dei servizi per l’infanzia e della gestione del centro per i richieden­ti asilo di Restinco, a Brindisi, oltre che del campo profughi diManduria.(Stefania.Careddu.)

sabato 9 aprile 2011

IMMIGRAZIONE: nel pieno rispetto della dignità umana


Condivido e pubblico l'intervento dell'Azione Cattolica pugliese sull'emergenza immigrazione. Pierpaolo


Il flusso migratorio verificatosi a seguito di un momento storico e politico di cambiamenti e di particolare difficoltà nel Nord Africa ha certamente determinato una situazione oggettivamente complessa.
Noi cristiani, soci di Azione Cattolica e cittadini di questa porzione d’Italia, la Puglia, ci sentiamo particolarmente interpellati in questa situazione che provoca la sofferenza di migliaia di esseri umani.
Riteniamo che la situazione creatasi a Lampedusa prima, e oggi a Manduria vada gestita nel pieno rispetto della dignità umana.
Nelle esperienze passate di emergenza nel nostro paese, la nostra Regione è risultata fondamentale in quanto ha messo in campo la sinergia tra istituzioni e società civile, in tutte le sue forme.
Oggi, certamente, le decisioni in merito ci vedono impreparati a gestire il desiderio di libertà dei fratelli di terre lontane: non si può solo pensare ad interventi di mero ordine pubblico, o a svuotare tendopoli per riempirne altre, quanto invece esercitare lo stile dell’accoglienza, dell’accompagnamento e del servizio.
Nell’esprimere sentimenti di profonda preoccupazione per la nostra storia presente e soprattutto futura suggeriamo di attivare quanto prima opportuni interventi che abbiano come obiettivo la centralità della persona nella sua assoluta integrità e diversità: questa è la Fraternità.
Appellandoci alla comune umanità, sentiamo vicino in questo momento don Tonino Bello, figlio di questa terra, che, all’arrivo di migliaia di albanesi, seppe essere protagonista coraggioso, quale testimone di accoglienza, condivisione e di pace.
Ci impegniamo a promuovere percorsi di informazione che portino alla corretta conoscenza della situazione in atto e di un concreto impegno di volontariato, in particolare sinergia con le Caritas diocesane.
Il nostro unanime, sentito e condiviso saluto lo esprimiamo con le parole di Cristo “Tutto quello che avete fatto ad uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me” (Mt 25,40).

Monopoli, 3 aprile 2011
I delegati al XIV Consiglio Regionale Elettivo di AC

giovedì 24 marzo 2011

Educare alla vita buona del Vangelo negli ambiti della vita sociale




Mariano Crociata

L’orizzonte dell’educazione nella scelta dei Vescovi

Dice bene il titolo di questa relazione: “negli ambiti della vita sociale”. Leggere e utilizzare gli Orientamenti pastorali dei Vescovi per questo decennio ricavandosi uno spazio settoriale dentro di essi, per trovare nuova motivazione nel portare avanti ciò che è già nostro compito, è un’operazione legittima, tuttavia si espone al rischio di disattendere ciò che veramente i Vescovi chiedono e di perdere una opportunità irripetibile.

Educare è, ed è sempre stata, una operazione imprescindibile di ogni comunità umana, sia dal punto di vista civile che religioso. Ogni realtà sociale sopravvive perché c’è educazione, cioè trasmissione di un patrimonio di fede, di cultura, di civiltà che rende possibile alle nuove generazioni di ringiovanire e prolungare il cammino di una comunità umana nel tempo verso il futuro. Dentro il grande contenitore dell’opera educativa volta ad accompagnare la maturazione della persona, trovano posto distinti percorsi di educazione indirizzati a formare specifici atteggiamenti e competenze. Se non si coglie la differenza e il nesso tra l’educazione come percorso complessivo e l’educazione come proposta specifica di formazione ad un ambito, ad un aspetto della vita, si ottiene l’effetto di una distorsione di visione e di uno squilibrio personale e sociale. L’educazione al sociale, per usare una espressione corrente, è un aspetto da non isolare dall’educazione integrale che deve essere perseguita per ogni persona. Giustamente, dunque, si tratta di vedere come l’educazione raggiunga e coinvolga gli ambiti della vita sociale.

Questo motivo di ordine generale viene rafforzato dalla peculiarità della scelta dei Vescovi per questo decennio. La peculiarità dipende dalla collocazione di questa scelta nel cammino della Chiesa in Italia dal dopo Concilio ad oggi. I Vescovi non fanno altro che portare avanti la loro missione di pastori di annunciare Cristo, condurre credenti vecchi e nuovi a incontrarlo e a conoscerlo, edificare e rinsaldare la comunione tra i credenti in Cristo costituiti da lui stesso in sua Chiesa, popolo, corpo, tempio. In questo senso non è in gioco una ripresa qualunque del compito educativo, quasi fosse una tra le tante cose di cui ci si possa indifferentemente occupare nella Chiesa. Nel loro discernimento i Vescovi dicono ai sacerdoti, primi collaboratori, e a tutti i fedeli che hanno a cuore l’annuncio cristiano e la vita della Chiesa, che portare avanti la missione evangelizzatrice oggi significa prendersi cura in modo nuovo della crescita di persone credenti fino alla loro vera e compiuta maturità.

C’è anche un altro motivo che denota la peculiarità della scelta dei Vescovi, e cioè la concomitante circostanza della condizione in cui versa il compito educativo in questo nostro tempo. Per certi versi, è proprio questa circostanza a costituire fattore non secondario del discernimento che conduce alla scelta della educazione. L’educazione si presenta con un tratto inedito di urgenza e, perfino, di emergenza , poiché non solo ha perduto forza ed efficacia, ma addirittura si trova spesso ad essere stravolta, sostituita e, talora anche, negata. Quando non viene soppiantata dall’invocazione della panacea dello spontaneismo , essa viene surrogata da varie forme di istruzione o di mera socializzazione. Bisogna che ci rendiamo conto delle fragilità del compito educativo, per assumerlo in modo da restituirgli la sua insostituibile funzione umana e sociale. Di fatto, con il destino dell’educazione, ad essere a rischio è la forma compiutamente umana di stare al mondo, come noi la conosciamo. Non si tratta di prefigurare catastrofi alle porte, poiché nell’evoluzione in corso si possono riconoscere aspetti positivi che hanno bisogno di premurosa attenzione per portare frutto. Nondimeno la problematicità dell’evoluzione in atto non può essere sottovalutata.

Richiami espliciti alla dimensione sociale negli Orientamenti pastorali
Una parola sul documento permette di delineare un quadro di comprensione del compito che i Vescovi ripropongono e rilanciano. Indicativo in questo senso il titolo, che evoca un ideale di pienezza umana di vita. C’è un annuncio insito nel titolo: il Vangelo è radice e fondamento di autenticità umana. Una vita secondo il Vangelo è una vita buona, buona e bella si direbbe meglio, che unisce bontà e bellezza, qualità etica ed estetica, compiutezza umana e spirituale. Se i Vescovi tengono a precisare che essi parlano in quanto pastori, e quindi che la loro è una parola sull’educazione alla fede , nondimeno è implicita la convinzione che non potrebbe sussistere una fede che non abbia nutrito e reso piena la maturità di una persona. La vita buona secondo il Vangelo non è una esistenza naturalmente buona né, all’opposto, una esistenza tale in quanto connotata religiosamente da manifestazioni esteriori di tipo rituale; è invece una vita impregnata di viva fede nella visione della realtà, nelle scelte, negli atteggiamenti e nei comportamenti, nella qualità interiore ed esteriore del rapporto con Cristo come dimensione determinante la vita personale nelle relazioni costitutive della comunità ecclesiale e in una relazione aperta dentro il tessuto della convivenza sociale. In questo senso educare alla fede non può mai essere ridotto a un compito settoriale, analogo a quella che potrebbe essere qualificata come educazione ad un servizio o a una competenza specifica in ambito sociale. Educare alla fede è accompagnare, in relazione con Cristo e nell’orizzonte ecclesiale, la realizzazione di una persona umanamente riuscita. In questo senso il nostro documento affida alla Chiesa «la cura del bene delle persone, nella prospettiva di un umanesimo integrale e trascendente» . L’ambito sociale è, senza dubbio, uno spazio coestensivo alla vita delle persone, ampio e coinvolgente; ma la fede non è un settore, bensì il tutto della vita di una persona che crede, poiché ne plasma l’identità complessiva in relazione al centro personale e spirituale che è Gesù Cristo. La fede non si aggiunge ad una umanità già compiuta e autosufficiente, ma ne viene a formare l’anima, la radice, il principio di identità, l’orizzonte ultimo e l’orientamento di fondo.
La struttura esteriore del documento non ha bisogno di particolare descrizione, risultando di lineare evidenza il ragionamento soggiacente. Lungo i cinque capitoli si sviluppa in successione la considerazione del contesto socio-culturale, il fondamento biblico-teologico , la visione cristiana dell’educazione e, quindi, i soggetti e i luoghi dell’azione educativa. Il quinto capitolo, infine, fornisce delle indicazioni in vista della programmazione pastorale .
Nella esplorazione del nostro tema, potremmo metterci subito all’opera in una fruttuosa ricognizione dei non pochi temi sociali che esplicitamente si riscontrano lungo il testo. Significativo, nel quadro del discernimento sul contesto in cui oggi si colloca l’educazione, il richiamo dei molteplici fattori antropologici e sociali che incidono sul compito educativo e in particolare sulla formazione dell’identità personale, come, ad esempio, i vari ambienti sociali e l’introduzione di tecnologie sempre più avanzate sul piano della comunicazione e del tempo libero; o ancora la globalizzazione, la mobilità umana, i fenomeni di solitudine e di esclusione sociale. A un livello di rapporti sociali primari colpisce la sottolineatura dell’interruzione della trasmissione generazionale . Un ulteriore fenomeno rilevato è quello della immigrazione, con il suo portato di paure e diffidenze, ma anche con le sue potenzialità che si vedranno esprimere passando dalla chiusura all’accoglienza e, oltre, all’integrazione .
Riflettendo sui fondamento biblico-teologico, si dà spazio alla dimensione caritativa e sociale dell’azione educativa. Nella esplorazione della proposta educativa cristiana, un posto di rilievo occupano anche i cosiddetti ambiti di Verona: la vita affettiva, il lavoro e la festa, la fragilità umana, la tradizione e la cittadinanza , il cui intreccio con la complessità della vita sociale è di tutta evidenza. Infine, il rilievo dell’interesse sociale si segnala diffusamente là dove, nel capitolo quarto, vengono presentati i soggetti e gli ambienti dell’azione educativa, ovvero la famiglia, la comunità ecclesiale, la scuola e l’università, ma anche la società nel suo insieme e la comunicazione configurata dalla cultura digitale. In particolare, in riferimento alla famiglia – in continuità con le difficoltà già evocate – vengono segnalati i molteplici condizionamenti a cui è sottoposta, dal problema del lavoro a quelli dell’abitazione e del fisco .
Rilievo sociale deve essere riconosciuto a realtà tipicamente ecclesiali, oltre la stessa parrocchia , come l’oratorio , l’associazionismo ecclesiale o di ispirazione cristiana , la pietà popolare . La considerazione della portata educativa della scuola e, soprattutto, della società nel suo insieme mostra come proprio qui emerga la polarità in cui si compone il significato di ogni opera educativa, la quale ha come suo statuto proprio e originale accompagnare a entrare a far parte a pieno titolo e con la capacità adeguata di una collettività, di una comunità, di una società. Un influsso ancora più invasivo nei processi educativi svolge la cultura digitale, non solo perché incide sulla percezione e sul rapporto con la realtà, ma anche perché produce grave divario sociale, senza che per questo siano ignorate le potenzialità di contatto e di comunicazione insite nel nuovo universo mediatico . Infine viene ripresa con uno sviluppo più esteso la serie dei cinque ambiti di Verona in vista della loro tematizzazione in contesto di programmazione.

Educazione e impegno sociale
C’è da riscoprire allora, innanzitutto, il rapporto originario costitutivo tra educazione e società. Una delle prime cure di una società deve essere l’educazione delle nuove generazioni; senza una tale cura viene compromessa la vitalità e il futuro della società stessa. L’istituzione scolastica è la prima fondamentale forma di tale cura; ma insieme ad essa, e di per sé anche prima, la cura per la famiglia custodisce l’ingresso e il passaggio più delicato e decisivo di una persona nella vita sociale. È altrettanto vero il reciproco: e cioè che l’educazione condensa le condizioni e l’apprendimento dello stare in società, cioè in una relazione ordinata con i propri simili, condividendo il dono della vita e dei beni che essa concede, e questo a condizioni di equità e di rispetto reciproco. Questo rapporto di mutua implicazione tra educazione e società è condizione fondamentale per collocare correttamente ogni forma di impegno in ordine alla vita sociale.
La fede cristiana si inserisce in questa mutua implicazione come anima capace di innervare dall’interno l’una e l’altra. Essa non si aggiunge come dall’esterno, ma come dono dall’alto trova rispondenza nella struttura personale e sociale dell’essere umano così da mostrare le condizioni per la sua autentica e piena realizzazione. Il cristiano non è la somma di uomo più la fede cristiana; il cristiano è invece semplicemente l’uomo per eccellenza, il prototipo della persona umana pienamente realizzata e riuscita. Ciò naturalmente non è una pretesa arbitraria di impossibile e spesso smentita perfezione, ma è l’ideale e la grazia a cui tende ogni credente, che come tale riconosce quale modello riuscito e insuperabile della propria umanità quel Cristo Gesù che lo ha riconquistato e restituito a se stesso con l’offerta sacrificale di sé sulla croce e con la sua risurrezione.
In quanto tale la fede cristiana si pone come fermento di una nuova società perché la rigenerazione dell’umano e del suo tessuto relazionale. Di fronte a un essere umano segnato come singolo e come collettività dalle conseguenze del peccato, che hanno introdotto nel tessuto della vita umana tutta intera il morbo dell’egoismo e della corruzione, la sua restituzione a una possibilità di vita autentica apre alle condizioni di un risanamento delle persone, delle relazioni e del loro complesso intreccio sociale.
In questo modo essa si pone come baluardo di una società degna dell’umano rispetto a tutte quelle concezioni e prassi che la minacciano proiettandosi verso la manipolazione e la disarticolazione della persona in sé e nel suo rapporto con la società, non a caso passando attraverso l’esaltazione di un individualismo che, investendo tutto su una libertà disancorata da ogni orizzonte di riferimento, produce la destrutturazione della persona e dell’intera convivenza. Ciò che la visione cristiana dell’uomo e della società propone e sostiene non è altro che una società veramente degna dell’uomo.
Visto in questi termini, l’impegno del cristiano negli ambiti della vita sociale non è un dovere estrinseco, che si può più o meno, a piacimento, assumere, ma è la necessaria manifestazione di una educazione umana e cristiana compiuta, e quindi di una reale maturità. Esso può essere assolto in modi diversi, ma non può essere aggirato e sfuggito. Un vero cristiano è strutturato nella sua fede e nella sua esistenza come essere ecclesiale. Un cristiano individualista è una contraddizione in termini, è la artificiosa composizione di due termini incomponibili, intimamente contraddittori. Come essere ecclesiale, il credente è costitutivamente attore di nuove relazioni, costruttore di comunità. Solo così del resto trova prospettiva di attuazione la definizione della Chiesa quale «sacramento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano» . Ciò che è inscritto nella costituzione del genere umano, l’essere uno, diventa il compito, anticipato nella sua realizzazione sacramentale, della Chiesa, in se stessa realtà, segno e strumento di quella unità. È l’umanità compiuta nella sua unità il senso della sua presenza sacramentale, che essa conosce come aperta e destinata al compimento escatologico. In questo modo Chiesa e società si scoprono intimamente connesse, ma anche chiamate ad un reciproco servizio il cui compimento è un cammino lungo quanto la storia protesa verso il suo inveramento definitivo.
In questo larghissimo orizzonte si dispiega un impegno sociale che non teme sconfitte e fallimenti, perché conosce l’esito e soprattutto il senso del concreto quotidiano operare. L’ormai complesso grado di elaborazione della dottrina sociale della Chiesa sta a dimostrare che non può esistere una fede viva e matura che non senta il richiamo e la responsabilità nei confronti della società tutta. Ed è proprio questo richiamo nella sua forma più elementare e diffusa a costituire il primo compito di ogni impegno educativo e sociale. Questo ruota naturalmente attorno alla categoria di bene comune, la quale ha proprio lo scopo di identificare in maniera inequivocabile la responsabilità che compete a tutti e a ciascuno.
Il bene è comune perché tutti ne beneficiano; ma tutti ne possono beneficiare perché ciascuno ne ha cura. Non può considerarsi una digressione quella che porta a rilevare una tendenza diffusa a chiudersi nel privato, a ripiegare nella cura dei propri interesse, a sottrarsi ad ogni forma di partecipazione alla cosa pubblica, a cominciare dall’espressione del proprio voto in occasione di tornate elettorali, salvo poi pretendere che qualcuno, sia esso lo stato o qualsiasi altro ente pubblico, provveda e assicuri l’espletamento dei servizi necessari. È in atto in molti settori della collettività una sorta alienazione nella forma di dissociazione tra diritti e doveri, come se i beni di cui tutti hanno bisogno non debbano essere prodotti e curati da quelli stessi che hanno bisogno di usufruirne. Qui subentra uno degli aspetti non secondari dell’impegno sociale dei cristiani: educare con la parola e con l’esempio al senso del bene comune, alla responsabilità di tutti e di ciascuno verso ciò che è comune a tutti, dall’ambiente, alla ricchezza economica, alle regole della convivenza. In questo senso il primo grado di impegno sociale è la ricostituzione del senso civico, che è il senso dei doveri, e non solo dei diritti, di ciascuno nei confronti della collettività.
Nel richiamo a questo senso elementare di responsabilità ritroviamo un principio fondamentale della dottrina sociale della Chiesa, e cioè il principio di sussidiarietà, a sua volta inseparabile da quello di solidarietà . Se è vero che bisogna richiedere e attendere il conferimento dei servizi e del sostegno pubblico, a cominciare da quello statale, per lo svolgimento delle attività di cui una collettività ha bisogno, nondimeno è parimenti necessario promuovere l’iniziativa personale e privata come prima modalità di esercizio della responsabilità sociale di ogni cittadino. Il documento dei Vescovi Per un paese solidale. Chiesa italiana e Mezzogiorno fa leva proprio sulla carenza, e quindi sulla esigenza, di risvegliare questo spirito di iniziativa e di intrapresa in larghe parti del nostro Paese, ancora segnate da gravi ritardi, per avviare un vero sviluppo economico e sociale. Far crescere la sussidiarietà è far crescere le libertà, la partecipazione, il senso della dignità e delle potenzialità di ogni persona e di ogni gruppo umano.
Rimanere ancorati alla dignità e integrità della persona umana, portatrice di esigenze primordiali rispetto a ogni forma di istanze sociali, quali sono la tutela della vita dall’inizio alla fine naturale, il valore del matrimonio e della famiglia, la libertà religiosa e la libertà educativa, significa mantenere viva la coscienza e promuovere adeguatamente tutte le necessarie forme di impegno sociale idonee a rispondere alle attese che oggi persone e gruppi umani, non sempre con adeguata avvertenza, reclamano o, comunque, attendono. La recente settimana sociale di Reggio Calabria, di cui presto uscirà il documento conclusivo, è stata una significativa cassa di risonanza dei fermenti e della vitalità che animano il mondo cattolico. Dobbiamo assecondare tali fermenti e vitalità facendoci carico di alcune attenzioni, oggi particolarmente sentite, come, ad esempio, le trasformazioni in atto nelle dinamiche lavorative, sia per gli effetti della globalizzazione sia in relazione al mutamento dei rapporti interni tra le parti sul piano nazionale e territoriale, senza dimenticare il connesso dramma della disoccupazione; o, ancora, il volontariato che largo spazio ha trovato e continua ad avere nello sviluppo della vita sociale e che deve attingere nella ispirazione cristiana motivi per mantenersi a livelli alti di tensione ideale, nella apertura alle esigenze di solidarietà nazionale e internazionale; o, infine, l’impegno politico, che per il credente è una forma di servizio al bene comune, anzi una vocazione, una espressione della carità cristiana, che cerca il bene di tutto nel farsi carico della conduzione della cosa pubblica.
Sono solo alcuni esempi di un impegno che abbraccia tutti gli aspetti della vita umana e si lascia coinvolgere da fenomeni nuovi, come quello della immigrazione e delle connesse esigenze di processi guidati di integrazione. La conclusione, necessariamente provvisoria, che possiamo trarre vuole richiamare l’idea con cui abbiamo iniziato la nostra riflessione e che chiede una ripresa convinta, perché urgente, sollecitata ancor più dal documento dei Vescovi. Impegno sociale ed educazione vanno portati avanti insieme, poiché il vero impegno sociale è quello che scaturisce dalla coscienza del bene vero della persona e quindi del bene di tutti, e che matura soltanto lungo un processo di educazione che conduce ciascuno a pervenire alla sua umana compiutezza, personale e sociale.

venerdì 25 febbraio 2011

Piano Straordinario per il lavoro in Puglia


SIR REGIONE: PUGLIA
Una buona occasione

di Antonio Rubino

Piano straordinario per il lavoro
Si riunirà per la prima volta entro febbraio la "cabina di regia" - composta da assessorati regionali, organizzazioni datoriali e sindacali e altri soggetti istituzionali - che deciderà la priorità temporale dei bandi previsti dal Piano straordinario per il lavoro in Puglia. Questo si declina in 6 assi (giovani; donne; inclusione sociale; qualità della vita; sviluppo e innovazione; più qualità al lavoro) per 43 interventi rivolti a 52.035 potenziali destinatari. Le risorse ammontano a 340 milioni. Tra gli interventi previsti: sviluppo dell'imprenditoria femminile, servizi di conciliazione vita-lavoro, apprendistato, assunzioni di disabili, sostegno alla povertà, reimpiego e autoimpiego dei cassaintegrati, ricerca industriale e formazione. Gli interventi partiranno entro giugno. Per la Cgia di Mestre il tasso di disoccupazione reale (disoccupati ufficiali più i "sfiduciati") nel II trimestre 2010 era del 17,5%. Oltre 71 milioni le ore di cassa integrazione (dati 2010 - Cgil).

Interesse e perplessità. "Qualsiasi cosa fatta per i giovani e il lavoro è sempre interessante", esordisce Antonio Petraroli, incaricato regionale del Movimento lavoratori di Azione Cattolica. Tuttavia "nel dettaglio le risorse non sono poi così corpose considerando che il bacino d'utenza è di 52.000 persone, con un investimento, quindi, di poco più di 6.500 euro a persona, a fronte di una situazione che è allarmante", e per la quale "stiamo anche aspettando il piano per il Sud". La Regione "ha fatto una indagine preliminare approfondita" anche se "certe volte questi interventi, sia a livello nazionale sia regionale si rivelano più spot elettorali che strategia economica". Quella regionale è "una proposta organica perché tratta di lavoro, emersione sociale, recupero di soggetti che hanno abbandonato la scuola, fenomeno - quest'ultimo - che provoca situazioni di illegalità". Petraroli ha due perplessità. La prima è quella che "i soldi vadano ai grandi gruppi industriali lasciando poco a giovani, donne, immigrati", anche se "il rifinanziamento dell'iniziativa 'Ritorno al Futuro' (borse di studio post-lauream, ndr) è interessante". La seconda è che "a causa del numero degli enti impegnati nella cabina di regia può sfuggire l'obiettivo di semplificare l'iter burocratico per la partecipazione ai bandi, fermo restando che quando c'è partecipazione c'è trasparenza".

Liberare i talenti. Gli interventi programmati sono "sostanzialmente positivi - dice Gianluca Budano, presidente regionale delle Acli - perché si punta a intervenire sul lavoro e non genericamente sullo sviluppo economico del territorio, incrociando le politiche della formazione professionale con gli incentivi alle imprese, in un quadro sistematico". Questo "è privo, però, di un'analisi di contesto", che va "condivisa e poi esplicitata". Il Piano "raccoglie e rilancia" iniziative già poste in essere alcuni mesi fa. Il nodo problematico "è che la sistematicità delle politiche che contiene non trova utili interazioni concrete" per portare "la spesa pubblica, specie quella legata ai fondi europei, ad essere efficace al massimo". Manca, insomma, "lo sforzo a prevedere i risultati dopo la tornata del POR 2000-2006, che non sempre ha brillato". Perciò le Acli, a breve, lanceranno la campagna "Libera i talenti del sistema Puglia", per "dare speranza ai giovani pugliesi di 'Ritorno al futuro' o agli 'over 50' riqualificati con il programma regionale 'Welfare to work'; tutto ciò attraverso una scelta: investire le commesse pubbliche derivanti da finanziamenti di progetti di ogni tipo, incrociando il percorso delle risorse umane rivenienti o formate da altri programmi finanziati". Il messaggio è triplice. "Chi riceve fondi pubblici esercita una pubblica funzione che esclude l'arbitrarietà delle scelte gestionali, al di là di quanto impongono le normative". Secondo: "l'obiettivo di massima efficienza della spesa pubblica richiede il massimo sforzo a perseguirla e a moltiplicarne gli effetti positivi". Infine, "è una buona occasione per introdurre un esempio concreto di 'sussidiarietà circolare', che esprime nella gestione delle risorse forme di amministrazione condivisa tra società e pubblica amministrazione".

E il terzo settore? Per Budano la cabina di regia doveva funzionare in via preventiva ed è "monca" del Forum del Terzo settore. Mancanza "non da poco" poiché "parte consistente del piano è finanziata dal Fondo sociale europeo" e poiché il Terzo settore è importante "sia nella produzione di reddito sia di capitale sociale e relazionale". C'è comunque "tempo per correggere il tiro", aggiunge. Per contrastare la disoccupazione giovanile "bisogna dare speranza ai giovani e a tutti coloro che vivono in uno stato di precarietà e incertezza". In questo, la Regione "ha avviato un percorso virtuoso, vedi il programma 'Welfare to work'; oggi deve però accelerare il passo", chiedendo alla società pugliese di assumersi responsabilità di fronte all'insicurezza che c'è nella popolazione. La campagna "Libera i talenti" può essere "l'approccio giusto da emulare nelle politiche pubbliche".